IMG_9820Al solstizio d’estate (21 giugno), il sole raggiunge la sua massima declinazione positiva rispetto all’equatore celeste, per poi riprendere il cammino inverso. E’ il giorno delle nozze del Sole e della Luna: i due astri uniti spargono le loro energie nell’opulenza dei frutti.
Questo è un tempo sacro, anche in relazione al 24 giugno, che ricorda la Natività del Battista. Nelle tradizioni antecedenti al cristianesimo troviamo un’infinità di riti e leggende, tutti legati ad un particolare evento astronomico: il 24 il Sole che ha appena superato il punto solstiziale, comincia a decrescere sull’orizzonte. Inizia il semestre del sole decrescente che si concluderà col solstizio d’inverno quando l’astro sembrerà morire, per poi rinascere come “sole nuovo”.
Il sole di San Giovanni è “colpito a morte”, muta direzione. L’identificazione del Battista decollato con il sole del solstizio è spiegata cristianamente nel Vangelo: “Egli deve crescere e io invece diminuire”. Se ci spostiamo nel periodo solstiziale invernale, troveremo la solennità di san Giovanni evangelista o “Giovanni che ride”.

 

Nella religione greca i due solstizi erano chiamati “porte”: “porta degli dei” l’invernale e “porta degli uomini” l’estivo. Nell’Odissea Omero descriveva l’antro dell’isola di Itaca nel quale si aprivano i due passaggi: “l’una volta a Borea, è la discesa degli uomini, cioè a nord perché al solstizio estivo il sole si trova a nord dell’equatore celeste; mentre quella degli dei e degli immortali è volta a Noto, ovvero a sud, in quanto l’astro al solstizio invernale si trova a sud dell’equatore.
Per la prima porta solstiziale si entrava nel mondo della genesi e della manifestazione individuale, per l’altra si accedeva agli stati sopraindividuali. Guénon sosteneva che questo simbolismo, che concerne una realtà di ordine iniziatico, si trova dappertutto, trasmesso in modo continuo attraverso i secoli.
Nella tradizione romana, il Custode delle porte era Ianus (Giano) signore dell’eternità, che tiene uno scettro nella mano destra e le chiavi in quella sinistra. Ianus deriva dalla radice indoeuropea y-a, da cui il sanscrito yana (via) e il latino ianua (porta). IMG_9687Egli è colui che conduce da uno stato all’altro, l’iniziatore (non a caso le “streghe” sarde erano dette Janas). Nel cristianesimo Giano venne interpretato come immagine profetica del Cristo, Via e Signore dell’Eternità: “O clavis David, et sceptrum domus Israel!”.

Il Battista sarebbe colui che introduce gli esseri nella caverna cosmica: per questo le usanze connesse alla sua festa hanno la funzione di proteggere il creato, come i falò o le acque per proteggersi dalle malattie. L’acqua di S. Giovanni, “la guazza” è collegata al segno del Cancro, domicilio della Luna, che rappresenta il mondo della formazione o l’ambito dell’elaborazione delle forme nello stato sottile, punto di partenza dell’esistenza nel mondo individuale.
Le erbe benefiche del Santo hanno infatti la funzione di scacciare i demoni, proteggendo dal malocchio: parliamo dell’Artemisia, dell’Iperico, della Verbena, della Salvia, dell’Aglio, della Lavanda, della Ruta, del timo e dell’immancabile Rosmarino.
In Val Padana, c’è ancora l’usanza di preparare il nocino (rito di derivazione Celtica). Secondo la tradizione, le donne devono staccare le noci per il liquore quando la drupa è ancora verde, nella notte del 24: con una falce o una lama di legno, mai di metallo. L’infusione darà un liquore considerato una panacea.
Il 24 giugno è la “notte di mezza estate” nel quale a partire dalla vigilia, visibile e invisibile si compenetrano e accadono fenomeni inquietanti dove sogno e realtà si confondono, come nell’omonima commedia di Shakespeare. In tutta l’Europa vola la “società di Diana o Erodiade”, streghe, dirette alla riunione annuale intorno al noce di Benevento. Il nome di Diana, come la credenza che le streghe fossero esperte di erbe e filtri, denuncia l’origine della strega medievale, frutto della demonizzazione delle antiche divinità.
San Giovanni è  anche un capodanno e lo conferma l’usanza di trarre presagi e divinare. Le magiche erbe poste sotto il cuscino la sera della festa, permetteranno di scorgere il futuro nei sogni.
Dunque, in passato, la notte della viglilia, si beveva e danzava all’aperto accanto al fuoco che aveva funzione purificatoria. Donne e uomini si bagnavano nella magica rugiada, che li rendeva fertili e sani (da qui l’usanza di fare l’amore a monte Testaccio, subito bollata dalla chiesa).
Questa festività, che rappresentava un tempo sacro, giocoso e magico è stata gradualmnte rimossa, tanto che, oggi sopravvive solo nei cuori e nell’arte di chi non si accontenta di un sapere pre- costituito.

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