Questa SEZIONE contiene storia, traguardi, curiosità e gloria della grande passione di LOLLI, la SAMP!

Rivarolo, 17.VIII.12

DEL PRIMA E DEL QUARTIERE

racconto su Lorenzo

questo è un racconto del Prima. Prima dello scudetto, prima dei rudbóis, Prima della centrale, Prima dei mondiali antirazzisti, Prima della Ste…

Lorenzo era solo un po’ meno pivello di quanto non fossi io.

ai tempi chi fosse diretto in Piazza[1], venendo come me da via cambiaso, camminando sul lato destro di via vezzani, era preparato agl’improvvisi e violenti latrati dei cani da caccia che “abitavano” un cortiletto all’altezza della fermata del 270, che allora si chiamava 271[2]. tre splendidi bracchi lamentavano la proverbiale angustia degli spazi liguri, rimpiangendo fragorosamente le ampiezze isolane.

si trattava dei miei primi contatti indiretti con Lorenzo, ‘chè quello diretto avvenne da lì a poco: quei cani erano i suoi.

di vista ci si conosceva e forse ci si stava un po’ in cagnesco: a quell’età la competizione è legge e noi “giocavamo” sempre in squadre diverse. prima, quando frequentavo l’azione cattolica del pazzo prete, lui era uno scout, poi quando la militanza politica generò in me un ateismo convinto, lui rimaneva “uno della chiesa” (ebbi modo di scoprire solo dopo quanto lo fosse a modo suo) e poi c’era la sua sampdoria, che io aborrivo al pari di ogni altra squadra di pallone. “tv, calcio e religione sono le armi del padrone” era lo slogan che era passato da un muro di certosa alla mia etica personale, allora fatta per lo più di slogan.

insomma in comune avevamo… poco.

oppure molto: il Quartiere.

e questo è anche un racconto del Quartiere. che allora come adesso aveva forti disturbi di personalità: crudele e adorato, violento e solidale, marginale ed operaio, genovese e gabibbo, splendido e orribile, generatore di epiche sofferenze come di identità granitiche. a quei tempi di globalizzazione acerba e di informatica assente, il Quartiere coincideva con le terre emerse: a sampe le colonne d’ercole, a bolza “hic sunt leones”. era “il” Mondo

il Quartiere vede e provvede: finite a fatica le superiori, un amico in comune, anzi un “fratello” in comune, diventò suo collega di lavoro, di picco e di pala. non fu necessario molto altro. le serate davanti ai primi boccali di birra producevano baratti sempre più intriganti: un disco, anzi una cassetta dei clash contro un passaggio sulla ritmo, una serata all’Albatros contro un’imitazione di abatantuono, un film iraniano[3] contro un aneddoto sull’ esilarante gergo dei suoi colleghi muratori.

un giorno qualsiasi, per una necessità che non ricordo, Lorenzo mi portò a casa sua: varcammo in tre –lui, fratello-in-comune ed io- il portone sul cui campanello, all’interno 1, campeggiava la geniale storpiatura tropicale del cognome di sardissima origine: “Olia-na-nas”. La Linda ci accolse con un sorriso sincero: era una delle tante persone che il pazzo prete aveva convinto a costruire un Quartiere, quindi un Mondo, + giusto e fraterno. molti si lasciavano ingannare dai nostri goffi tentativi di sembrare sovversivi, ma lei no, a lei non importava: era semplicemente contenta d’accogliere in casa gli amici del figlio.

Pino non lo sembrò altrettanto: “bella rrobba!” tuonò il suo vocione dal soggiorno in risposta alle nostre infantili provocazioni politiche che incensavano non ricordo chi fra gramsci, togliatti, longo o berlinguer. salvo poi apparire in cucina, burbero e di poche parole, allineare sul tavolo tre tazzoni da latte, colmarli di vino casareccio e abbozzare un sorriso: “assaggiate questo, compagnetti”. era il mio battesimo del fuoco con il cannonau: saranno state le quattro del pomeriggio, ricordo che tornando a casa la scorciatoia di via compagnoni mi sembrò una parete del K2.

acuto e intelligente, ma senza mai rinunciare a una sana ironia critica, Lorenzo giocava con le nostre ossessioni politiche: “chi è il nostro lider?” mi chiedeva col sorriso sornione. orgoglioso di quel “nostro” plurale, gli rispondevo mettendomi quasi a pugno chiuso e a petto in fuori: “pietro ingrao”. “pietro ingrao?” ripeteva lui, trattenendo a stento la risata: “e su cunnu chi t’ha coddao”.

e venne la campagna dei secondi: attraverso il foglietto dell’amicizia, popolarissimo bollettino settimanale della parrocchia, veniva proposto di andare a cena ospitati da perfetti (o quasi) sconosciuti. ovviamente questi avevano in precedenza dato la propria disponibilità alla segreteria parrocchiale e s’impegnavano ad offrire tutta la cena tranne il secondo, che era invece a carico dei visitanti. un’iniziativa per aumentare la socializzazione all’interno del Quartiere, (ennesimo) lampo di genio del pazzo prete. la Linda aderì con entusiasmo, mentre Lorenzo che non accarezzava l’idea di ospitare sconosciuti in casa sua, venne sistematicamente torturato da tutti noi. iniziammo quasi timidamente con “ci vediamo a cena, porto il prosciutto cotto”, per terminare preannunciandogli visite dei personaggi + improbabili del Quartiere (e del Mondo), che ovviamente si sarebbero presentati con i secondi più disgustosi e ributtanti.

l’affetto fra di noi non si verbalizzava mai, ma era un potente fattore di protezione contro le insidie infinite cui la periferia sottoponeva la nostra età, ora come allora. troppi sono finiti male: amici, nemici, fratelli o avversari non ce l’hanno fatta a reggere.

noi si! si era insieme…

adesso che mio figlio sta entrando in quella stagione in cui le opinioni degli amici contano sempre più di quelle dei genitori, nelle mie (secolari) orazioni quotidiane, trova sempre spazio l’augurio che gli (e mi) faccio d’imbattersi lungo il cammino in persone come Lorenzo, capaci di pensiero critico, capaci di Cultura, a dispetto della sua terza media, laddove i “colti” si dimostrano spesso terribilmente ignoranti e quasi sempre, tristemente, allineati in greggi umane.

un amico di Lorenzo



[1] Piazza= piazza pallavicini, il centro del Mondo

[2] In realtà la fermata ancora non c’era, non essendoci il metro e essendo il diamante ancora in costruzione, il 271 faceva un percorso circolare con capolinea in Piazza

[3] “Dov’è la casa del mio amico”, Abbas Kiarostami. Per avercelo portato, Lorenzo mi ritirò il saluto per un mese