Di cosa parliamo quando parliamo di Sampdoria

07.02.2013 16:40

Nel mio delirio di tifoso, mi sono preso la briga di calcolare la posizione media della Sampdoria nei campionati di serie A a cui ha partecipato fino ad oggi. Si tratta di un'operazione statistica elementare, che si ricava sommando tutte le posizioni finali e dividendo il risultato per il numero complessivo di stagioni disputate. Di per sé, il dato appare già abbastanza significativo, ma è estendendo il calcolo ai diversi periodi della storia blucerchiata che l'indagine si fa ancora più interessante e spiega qualcosa di noi

Complessivamente, nei 55 campionati fin qui disputati, la Samp si è piazzata in media al 9° posto (496/55=9,018). Ma va notato che negli anni precedenti a Paolo Mantovani, cioè dall'esordio nella stagione 1946/47 al 1976/77, questa media si alza (310/30=10,3) col conseguente scivolamento del club al 10° posto. Questo periodo comprende: dal 1946 al 1948 la presidenza Rissotto (posizione media 12° posto), dal 1948 al 1953 quella diParodi (pos.med. 9°posto), dal 1953 al 1961 l'indimenticato Ravano (pos.med. 7°posto), dal 1961 al 1966 il primo "tragico" Lolli Ghetti (pos.med.13° posto), dal 1968 al 1974 Colantuoni (pos.med. 11° posto) e dal 1974 al 1977 il secondo "catastrofico" Lolli Ghetti (pos.med. 12° posto). Un trentennio quindi di alti e bassi, dove la squadra riesce a togliersi qualche piccola soddisfazione, ma senza mai fare il salto di qualità, e più spesso è invischiata nella lotta per la salvezza, retrocedendo -ahinoi!- nel 1965/66 e nel 1976/77. Un profilo basso, insomma, da seconda-terza fascia.

Poi però, con l'avvento del Grande Paolo, la Sampdoria irrompe improvvisamente nell'élite del calcio italiano e vi si stabilizza per tutto il suo mandato, fino alla sua scomparsa nel 1993, con risultati sorprendenti (65/12=5,41). La posizione media al 5° posto, suggellata dall'indimenticabile scudetto 1990/91, pone il club blucerchiato in una nuova dimensione, quella di prima fascia, e le avventure nelle coppe europee e i successi in Coppa Italia che gli fanno da contorno, lo proiettano addirittura sulla ribalta del calcio mondiale. Peccato che il figlio Enrico, pur proseguendo inizialmente sulla falsariga del padre in termini di risultati e gestione, non sia riuscito ad emularlo nel lungo periodo (46/5=9,2). Così, laposizione media al 9° posto, in perfetta linea con quella generale, ha il sapore del ridimensionamento e fa grossomodo tornare l'ambiente blucerchiato agli anni '70. E' tuttavia curioso constatare come, levando la sfortunata stagione della retrocessione 1999/2000, la posizione media della Samp targata Mantovani jr. sarebbe il 7° posto. Stessi numeri e stesse circostanze per il suo successore, Riccardo Garrone, che nelle 8 stagioni di serie A fa navigare la squadra nella zona centrale della classifica, col picco della qualificazione in Champions da mettere in cornice, attestandosi al 9° posto come posizione media (75/8=9,3). Ma anche qui, se levassimo la sciagurata discesa in cadetteria del 2010/11, la media salirebbe all'8° posto.

Ecco, dopo aver sciorinato tante cifre e passato in rassegna l'elenco completo dei presidenti della Sampdoria, immagino venga naturale chiedersi: perché?A quale scopo tutto questo sforzo matematico-cerebrale? Innanzitutto, per una questione di chiarezza. Nel senso che, dopo la scomparsa di Garrone, avevo bisogno di capire la dimensione del suo operato lontano dall'emotività del momento di lutto e dai giri di parole, che troppo spesso si prestano ad interpretazioni equivoche. Quindi, i numeri. I numeri che non mentono mai. E questi numeri ci dicono che Duccio è stato un dirigente degno, in linea con la nostra storia e col meglio dei suoi predecessori.Certo, i numeri non possono raccontare lo straordinario gesto di generosità e coerenza col quale ci ha acciuffati sull'orlo del baratro, senza aspettare il fallimento come hanno o avrebbero fatto tanti altri suoi colleghi. Non possono nemmeno spiegare certi errori madornali di gestione e scelte tecniche, così come non possono spiegare le abili operazioni con cui si sono invece raggiunti certi risultati di prestigio. Però possono suggellare un compromesso tra tutti i pro e i contro, lasciandoci un valore oggettivo che ci permetta di confrontarlo senza pregiudizi con chi lo ha preceduto e chi verrà in futuro.

Il secondo motivo è l'identità. Perché troppo spesso, allo stadio e sul web, sento e leggo commenti di tifosi sampdoriani che mi lasciano interdetto. A cominciare dalle discussioni sul mercato, in cui si rimprovera l'acquisto digiocatori di medio profilo e si favoleggia sull'ingaggio di elementi in forza alle big, oppure si disquisisce sulla gestione dei giovani con l'imperativo assoluto di blindarli. Ma queste, fatemelo dire, sono chiacchiere da juventini, milanisti e interisti, come lo sono i mugugni durante la partita alle prime difficoltà della squadra. Lasciamolo a loro questo atteggiamento da "frustrati dal successo", noi siamo di un'altra pasta: siamo sampdoriani. La nostra storia è anche nei freddi numeri che stanno qui sopra, nel 9° posto come posizione media nei campionati di A, che vuol dire dover lottare per ogni singolo punto e per ogni zolla del campo. Che vuol dire conoscere i nostri limiti e sapere dove proiettare le nostre ambizioni, in quel difficile gioco d'equilibrio tra il pragmatismo e la vocazione al futuro, e nel contesto di un periodo storico che lascia ben poco spazio ai voli pindarici.

Il compito a cui è chiamato il presidente Edoardo Garrone, adesso, è riportare la Sampdoria in media con la sua storia e poi tentare quel salto di qualità già riuscito a Ravano e per buoni tratti a suo padre ed Enrico Mantovani, covando sotto traccia il sogno proibito di ricalcare l'epopea gloriosa del Grande Paolo. Ci vorrà tempo, impegno, fiducia e fortuna come in tutte le imprese, monitorando costantemente i numeri. Quei numeri freddi ma sinceri, che non dicono tutto, ma spiegano molto di noi.

FONTE: realsamp.it