IL MIRTO PER L'AMORE E PER LA GOLA
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ORIGINI E MITOLOGIA
La parola Mirto deriva dal latino Myrtus che a sua volta deriva dal greco Myrtos, ma probabilmente l'origine della parola è semita. Il sostantivo Myrtos è legato al mito greco di Myrsine, una ragazza invincibile nelle gare atletiche che venne trasformata da Pallade (divinità greca) in albero di Mirto per aver superato un giovane in una gara ginnica.
Usato dagli Egiziani per ornarsi chiome e vesti ed ostentato dagli Ebrei quale simbolo di pace, fu considerato nell'antichità classica sacro a Venere, alle tre Grazie, sue ancelle, e ad Apollo, e considerato per questo simbolo della gloria, dell'amore eterno, della fedeltà coniugale e di gloria poetica.
Legato al nome di Venere, dea dell'amore, il mirto compare infatti in numerose leggende. Alcuni ritengono che la dea, dopo il giudizio di Paride, si cinse di una corona fatta con questa pianta; altri, basandosi su quanto affermato da Ovidio nelle Metamorfosi, sostengono che la dea, quando uscì nuda dalla schiuma del mare, si rifugiò dietro un cespuglio di mirto, per nascondersi dagli sguardi concupiscenti di un satiro.
Anche gli antichi Romani conoscevano il mirto.
È noto che i Romani fossero soliti coronare di tralci di mirto i generali che si distinguevano in battaglia e che utilizzassero la stessa pianta quale segno propiziatorio per i giovani sposi: i suoi fiori, ritenuti per tradizione beneauguranti, erano presenti nel bouquet nuziale ed inoltre non doveva mai mancare nei banchetti nuziali.
Plinio il Giovane ci racconta che molte piante di mirto crescevano dove venne fondata Roma, alludendo così alla fama imperitura della città.
Una leggenda narra che i Romani ed i Sabini si riconciliarono, dopo il famoso ratto, purificandosi con fronde di mirto e che ai piedi del Campidoglio ne furono piantati due alberi.
L'impiego fitocosmetico del mirto risale al medioevo: con la locuzione di Acqua degli angeli, s'indicava l'acqua distillata di fiori di mirto.
Nella tradizione gastronomica sarda il mirto è un'importante condimento per aromatizzare alcune carni: i rametti sono tradizionalmente usati per aromatizzare il porchetto arrosto, il pollame arrosto o bollito e soprattutto sa taccula o grivia, un semplice ma ricercato piatto a base di uccellagione.
PARTE UTILIZZATA:
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le foglie, i fiori e i frutti.
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PERIODO DI RACCOLTA:
le foglie in giugno-luglio, i fiori appena sbocciati all'inizio dell'estate e, inseconda fioritura, in tarda estate, da agosto a settembre e, con autunni caldi, in ottobre. Le bacche si colgono a fine estate.
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DOVE SI TROVA:
è una specie spontanea delle regioni mediterranee, comune nella macchia mediterranea; il Mirto vegeta in tutto il mezzogiorno europeo, specialmente in Grecia, Italia (in Sardegna è un comunissimo arbusto della macchia mediterranea bassa), Spagna e nella Francia mediterranea.
Generalmente resiste con difficoltà nelle regioni a nord delle Alpi ma lo troviamo nelle contee sud-occidentali dell'Inghilterra, lambite dalla corrente del Golfo, e persino dell'Irlanda.
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COME SI CONSERVA :
le foglie e i fiori si essiccano in luogo aerato e all'ombra, rimuovendoli spesso, e si conservano in recipienti di vetro dotate di una buona chiusura. -
ATTIVITA' PRINCIPALE:
al mirto sono attribuite proprietà balsamiche, antiinfiammatorie, astringenti, leggermente antisettiche.
MODALITA' DI UTILIZZO:
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IN COMMERCIO:
sono soprattutto le foglie ad avere proprietà terapeutiche, lozione, olio essenziale.
- USO INTERNO:
è un buon astringente intestinale, aiuta ad eliminare i catarri bronchiali ed è antiemorragico.
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Infuso: 1 gr di foglie in 1 dl di acqua, addolcito con miele e bevuto a cucchiaiate nel corso della giornata, da prendersi una o due volte al giorno.
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USO ESTERNO :
per le sue proprietà antisettiche è usato per detergere parti intime infiammate o soggette a pruriti. -
Infuso più concentrato: 4 gr di foglie in 1 dl di acqua, addolcito con miele e bevuto a cucchiaiate nel corso della giornata, da prendersi una o due volte al giorno.
- COSMESI:
L'essenza tratta dai fiori di mirto è molto usata in profumeria e cosmetica, e costituisce la nota Acqua degli angeli che possiede spiccate proprietà tonificanti e astringenti ottime per l'epidermide.
Anche un decotto di foglie di mirto aggiunto all'acqua del bagno, o frizionato direttamente sulla pelle, svolge un'azione tonificante.
- USI INDUSTRIALI
Il furfurolo, composto estraibile dalle foglie e dal legno, è usato nella produzione di materie plastiche termoindurenti, di solventi di nitro ed acetilcellulosa, di composti vinilici, lacche e vernici, anticrittogamici e insetticidi.
Va ricordato, anche se limitato, l'uso domestico che in passato si faceva del mirto per la preparazione d'inchiostro e per tingere di nero i tessuti.
Il legno di mirto è di colore grigio-rossastro, duro, pesante, omogeneo, di grana fine e idoneo per lavori di tornio ed intarsio.
In Sardegna, durante la seconda guerra mondiale, le foglie del mirto furono impiegate nella concia delle pelli. La difficoltà dei traffici e la conseguente mancanza di tannino, infatti, portarono alla scoperta di buoni livelli della sostanza nelle foglie del mirto e il loro conseguente utilizzo.
- usi ambientali e ornamentali
Il mirto, come altre essenze della macchia mediterranea, può essere validamente utilizzato come integrazione alimentare per animali al pascolo.
Nel periodo invernale, tali essenze, possono assicurare la sopravvivenza delle greggi e dei bovini in particolari annate.
In particolare il mirto risulta avere un buon valore nutritivo sia delle foglie che dei frutti.
Già i Romani utilizzavano il mirto per abbellire parchi e giardini.
Le particolari caratteristiche del mirto, quali l'abbondante fioritura estiva, il portamento assurgente e la colorazione verde intenso delle foglie, rendono tale specie particolarmente adatta all'uso ornamentale.
- CURIOSITA':
- IN CUCINA:
nell'arte culinaria sarda questa pianta la fa da padrona.
Chi non conosce "is pillonis de tacculas"?
Sono le cosiddette grive, cioè i tordi catturati con le reti o coi lacci perchè non ne vengano sciupate le carni, spennati ma non svuotati delle interiora, lessati in acqua e sale e, una volta cotti, messi per un paio di giorni ad insaporire in sacchetti di tela pieni di foglie di mirto. Si mangiano freddi e durano svariati giorni.
Sono decisamente una leccornia!
Non da meno, a mio avviso, sono l'agnello, il capretto, il porchetto o meglio ancora il cinghiale cotti a «carraxu».
È un sistema di cottura che consiste nel lasciar bruciare della legna secca in una buca scavata nel terreno, di dimensioni proporzionate alla mole dell'animale da cucinare. Una volta spentesi le fiamme, si asporta la cenere della combustione e si sistemano nel fondo della buca rami e foglie di mirto sui quali si mette la carne da cuocere con l'aggiunta di qualche aroma e si ricopre il tutto con un po' di terra sulla quale si farà ardere dell'altra legna.
Dopo un paio d'ore si potrà gustare un ottimo arrosto.
Un'altra nostra specialità, utile per una buona digestione, è il liquore di mirto che può essere realizzato facilmente in casa.
Ecco la ricetta della nonna:
«Si mettano 300 gr. di bacche mature in una bottiglia a collo largo contenente un litro di alcool puro a 90°, due chiodi di garofano, un grammo di cannella e la buccia di mezza arancia, priva della parte bianca.
Tappare la bottiglia ermetticamente e lasciare in infusione per 15 giorni circa, agitandolo almeno una volta al giorno.
Trascorso il tempo stabilito, filtrare bene il titto e spremere le bacche messe a macerare.
Aggiungere uno sciroppo caldo fatto con mezzo chilo di zucchero ed ub quarto di acqua. Lasciare ancora in infusione per qualche ora, poi filtrare ed imbottigliare.
- in casa :
per il loro profumo i fiori di mirto sono largamente impiegati nella realizzazione di pot-pourri.