C'era una volta, in una grande isola bagnata dal Mediterraneo, una piccola località, che gli abitanti del luogo erano soliti chiamare "Monti di mola". Era una terra selvaggia e aspra, caratterizzata da una distesa di macchia mediterranea e da affioramenti di rocce granitiche, motivo per cui la presenza dell'uomo era molto scarsa.
Alla sua estremità risplendevano spiagge dalla sabbia finissima e dalle acque cristalline e smeraldine, le cui bellezze ammaliarono un giovane e ricco principe venuto da una terra molto lontana. Il suo nome era Karim Aga Khan. Rimasto folgorato dallo spettacolo offerto da quel mare meraviglioso e da quelle terre così selvagge, decise, con l'intento ultimo di edificare un piccolo regno incantato, di acquistare dai villici locali quel piccolo lembo di paradiso. Assieme al suo seguito, il giovane principe, iniziò ad intavolare delle trattative per l'acquisizione del territorio che tanto bramava. Offrì oro, preziosi e cammelli, tanti cammelli, ma il popolo indigeno che per caratteristiche era fiero, orgoglioso e giusto, rifiutò poiché riteneva l'offerta eccessiva per un terreno che era solo "Pietre e sterpaglie".
I nativi si accontentarono di una misera manciata di monetine, che da li a pochi anni sarebbero state molto utili nelle lavanderie a gettoni, e della promessa di un ruolo importante all'interno del magico reame per i figli e per i figli dei propri figli.
Riuscito così ad ottenere ciò che tanto aveva desiderato, partì con il suo ambizioso progetto immobiliare che portò alla nascita dell'odierna "Costa Smeralda". Un organizzatissimo paradiso delle vacanze che comprendeva anche la costruzione di un aeroporto e la nascita di una compagnia aerea, l'ex Meridiana.
Porto Cervo divenne il punto di ritrovo della nobiltà europea e del Jet set internazionale, e la promessa pattuita con gli autoctoni fu mantenuta. Infatti, ancora oggi, i discendenti di quel popolo giusto e dalle antiche origini, svolgono un ruolo di primissimo piano all'interno del mitico complesso della Costa Smeralda come lavapiatti, camerieri, giardinieri, autisti, bagnini e uomini e donne delle pulizie.
Morale della favola... Noi sardi non siamo affatto avari, predichiamo il verbo " Meglio donare che ricevere" preferendo far dono delle nostre ricchezze al prossimo, piuttosto che sfruttarle o preservarle per il futuro delle generazioni successive.