La vitamina B17, articolo del dott. G.Nacci
La vitamina B17, contenuta soprattutto nel nocciolo (Gheriglio) di Prunus armeniaca (Albicocca) fu di nuovo al centro di interessanti studi all'inizio degli anni '70, da parte dei giapponesi. E’ presente anche nei semini amari del Prunus amygdalus (Mandorla, var.amara), della Prunus avium (Ciliegia), della Prunus domestica (Susina), della Prunus persica (Pesca), della Prunus spinosa (Prugna), della Malpighia punicifolia (Acerola), della Cydonia oblonga (Mela cotogna). Sono oltre 1.200 le specie di piante che contengono questa preziosa vitamina (vedi tabelle sotto).
Tale vitamina risulta particolarmente utile nella terapia oncologica poiché sfrutta il diverso metabolismo delle cellule tumorali rispetto a quello delle cellule sane dell'organismo umano.
Le cellule neoplastiche, soprattutto se in anaerobiosi, presentano una elevata concentrazione di beta- Glucosidasi, con assenza di Rodanese: pertanto fagocitano subito la B17, decomponendola poi per idrolisi in 2 veleni: benzaldeide e ioni cianuri; le cellule sane, invece, essendo normo-ossigenate e ricche di Rodanese, tendono a convertire rapidamente i due veleni rispettivamente in acido benzoico e tiocianati, entrambi innocui ed anzi utili per le stesse cellule sane. Secondo il giapponese Kanematsu Sugiura, la beta-Glucosidasi si ritrova nelle cellule tumorali di mammella, stomaco, utero, mesentere ed esofago, in concentrazioni molte volte superiori a quelle sane; l’enzima Rodanese è invece assente nelle cellule tumorali.
La storia “moderna” della vitamina B17 iniziò nel 1830, quando due scienziati francesi, Roubiquet e Bontron-Chariand, purificarono per la prima volta una strana vitamina, a cui fu dato il nome di Amigdalina, o vitamina B17 (1187). Sette anni dopo, due scienziati tedeschi, Von Liebig e Woehier, scoprirono che questa strana vitamina, normalmente contenuta in tutti i semi della frutta (ad eccezione degli agrumi) poteva essere scomposta da uno specifico enzima, e soltanto da esso, in ioni-Cianuro, Benzaldeide e Glucosio.
Il passaggio all’uomo, per terapie medico-oncologiche, seguì di pari passo, così, quindici anni dopo le prime esperienze scientifiche francesi, nel 1845, la rivista medico-scientifica francese “Gazette Medicale de Paris”, (1188) e, successivamente, anche quella tedesca “Journal Chirurgie und Augenheilkunde” (1189), descrissero il primo caso di terapia metabolica con vitamina B17 per la “cura del cancro”, ad opera del medico russo Inosmetzeff, professore presso l’Università Imperiale di Tutte le Russie di Mosca:
la terapia era stata eseguita su un ventenne tumorale, e la terapia era consistita in 46 grammi di Amigdalina somministrata per 3 mesi; il grande medico russo aveva curato anche una donna di 48 anni, con estese metastasi da cancro ovarico, e questa donna, nel 1845, risultava essere ancora viva dopo ben 11 anni dalla terapia metabolica con Amigdalina: in entrambi i casi, il dott. Inosmetzeff affermò di non aver notato mai effetti collaterali da parte della vitamina scoperta dai francesi nel 1830 e meglio caratterizzata dai tedeschi nel 1837.
Ma fu soltanto più di un secolo dopo, nel 1950, che uno scrupoloso ricercatore americano, Ernest Krebs, iniziò a curare di nuovo il cancro con questa strana vitamina, che, dopo averla fatta bollire, evaporare in
alcool, e quindi decantare in piccoli cristalli bianchi, ribattezzò “Laetrile”. La parola “Laetrile” è un acronimo della parola “LAEvomandeloniTRILE-glucoside. Essa è quasi equivalente all’Amigdalina naturalmente
contenuta nei semini amari della frutta, con l’unica differenza di una molecola in meno di glucosio. Infatti la sua struttura chimica è: D-1 mandelonitrile-beta-glucuronide, mentre l’Amigdalina è Dmandelonitrile- biglucoside.
Informazioni e precauzioni
A causa della loro particolare fragranza, molti considerano i semi di albicocca una spezia. Qui in Italia le armelline di albicocca vengono utilizzate anche per fare i tanto amati amaretti.
Come molte spezie, però, il gusto può non risultare piacevole se consumati da soli o in larga quantità.
Nessuno si sognerebbe di mangiare una manciata di peperoncini, ad esempio, senza poi aspettarsi una qualche reazione avversa. Allo stesso modo, non ci si deve aspettare di mangiare i semi così come sono,
sebbene a molti piaccia il loro gusto amarognolo. Per la maggior parte, comunque, questo sapore amaro non è gradito, e noi raccomandiamo dunque di tritare i semi e di spargerli leggermente sui cibi che mangiate.
Usati in questo modo, lasciano un piacevolissimo aroma di mandorla gradito dalla maggior parte. Essi vengono gustati principalmente sui piatti di verdura calda, sulla frutta, sulle patate bollite, sulle minestre, ed
anche mischiati ai cereali ed al muesli. A molti piace masticare i semi da soli, o insieme a qualcosa di dolce.
Qualcuno li trita e li mette dentro apposite capsule di gelatina alimentare, acquistabili nei negozi dietetici: questo è un modo comodo per portarsi dietro i semi quando si è lontani da casa.
PRECAUZIONI
E’ importante ricordare che – come accade con tutte le spezie – una quantità sufficiente è buona, ma troppo non è necessariamente meglio. C’è un limite naturale al numero appropriato di semi che possono
essere consumati in sicurezza in una volta o in un’intera giornata.
IN ACCORDO CON IL DOTTOR KREBS … due regole pratiche
In accordo con il dottor Krebs, vi sono due regole pratiche da seguire per l’assunzione della vitamina B17 a livello preventivo. Il concetto base è che la quantità giornaliera sufficiente di vitamina B17 si può ottenere
seguendo entrambi i due seguenti consigli:
1) Mangiare la vitamina B17 contenuta nell’intero frutto (semi inclusi, naturalmente), ma non mangiare mai più semi da soli di quelli che mangerei mangiando anche l’intero frutto. Ad esempio, se mangio
3 mele al giorno, allora i semi delle 3 mele sono una quantità sufficiente di vitamina B17 per me a livello di prevenzione.
2) Un seme di pesca o di albicocca ogni 10 libbre (1 libbra = 0,45 chili; 10 libbre = 4,5 chili) di peso corporeo si pensa che sia più che sufficiente come normale difesa dell’organismo nella prevenzione del cancro, sebbene il numero di semi possa variare da persona a persona, in dipendenza del metabolismo individuale e delle abitudini alimentari. Un uomo di 170 libbre (76,5 chili), ad esempio, potrebbe consumare 17 semi di pesche o albicocche al giorno e ricevere un apporto biologicamente sufficiente di vitamina B17.
Due note importanti: certamente si può consumare troppo di ogni cosa. Troppi semi, come l’eccesso di ogni altre sostanze, ci si aspetta che possano produrre effetti collaterali sgradevoli. Questi cibi naturali vanno consumati in quantità biologicamente razionali (non più di 30-35 semini al giorno).
Alte concentrazioni di vitamina B17 si ottengono non solo dai semi dei frutti nitrilosidici, ma anche mangiando cibi naturali (possibilmente crudi e germogliati) che ne contengono. L’elenco allegato (tabella cibi nitrilosidici) vi sarà diaiuto.
b17_tabella_cibi_nitrosilidici.pdf (804,7 kB)
Per chi crede e per chi non crede
Se credi in Dio la logica di come la vitamina B17 uccide il cancro sarà facile da accettare e da comprendere: Dio ha dato al nostro corpo difese naturali contro il cancro, che possono essere innalzate o abbassate in relazione alla nostra scelta di vita, e soprattutto alla nostra alimentazione. Si tratta di un equilibrio naturale perfetto che Dio ha concepito e pianificato per noi; quando noi alteriamo questo equilibrio naturale per seguire il nostro modo di vivere (cibo spazzatura, stress, inquinamento, modificazione dei generi alimentari per scopi economici, eccessi e disordini di vario tipo), ecco che la malattia prende il sopravvento nella nostra vita. Risulta come naturale conseguenza del non avere rispetto del corpo che Dio ci ha creato e donato. Per un cristiano questo è certamente molto chiaro, come è normale comprendere che Dio abbia provveduto soluzioni semplici e naturali per ogni tipo di malattia.
Se non credi in Dio la logica e la scienza di come la vitamina B17 uccide il cancro sarà comunque facile da accettare, perchè tutte le reazioni chimiche che avvengono nel corpo sono reali e facilmente comprensibili. Qualunque bio-chimico o tossicologo potrà confermarvelo. Persino la FDA (Food and Drug Administration) incaricò una squadra tra le più rinomate tra gli specialisti del cancro ed i bio-chimici per condurre tests, al fine di stabilire se il Laetrile uccida effettivamente le cellule tumorali. La squadra trovò che il Laetrile uccide il cancro. La squadra di ricercatori fu licenziata ed i risultati della sperimentazione furono insabbiati, a causa degli interessi economici delle case farmaceutiche, legati alla produzione dei farmaci chemioterapici.
La storia “moderna” della vitamina B17 iniziò nel 1830
La storia “moderna” della vitamina B17 iniziò nel 1830, quando due scienziati francesi, Roubiquet e Bontron-Chariand, purificarono per la prima volta una strana vitamina, a cui fu dato il nome di Amigdalina o vitamina B17.
Sette anni dopo, due scienziati tedeschi, Von Liebig e Woehier, scoprirono che questa strana vitamina, normalmente contenuta in tutti i semi della frutta (ad eccezione degli agrumi) poteva essere scomposta da uno specifico enzima, e soltanto da esso, in ioni-Cianuro, Benzaldeide e Glucosio.
Il passaggio all’uomo, per terapie medico-oncologiche, seguì di pari passo, essendo anche nota nella Medicina Classica Occidentale l’utilizzo dei semi amari della frutta per la cura di una strana malattia metabolica, a quel tempo molto rara, chiamata “cancro”, ma che era conosciuta fin dall’antichità: ad esempio, nel Secondo Secolo Dopo Cristo i medici romani si erano accorti che il cancro era frequente nella popolazione povera di Roma e non di coloro che vivevano nelle campagne, ed avevano messo in relazione questa strana malattia con un’alimentazione troppo proteica e amidacea (legumi iperproteici come le lenticchie e pane povero di cattiva qualità).
Già allora era anche nota a tutti i medici romani la famosa affermazione di Ippocrate di Kos, fondatore della Medicina Classica Occidentale, in merito alle cure del cancro: “… il cancro non si cura con il ferro del chirurgo, ma con la dieta vegetariana e le erbe mediche”…
Così come era anche ben nota un’altra grande massima del grande medico greco: “… fa che la medicina sia il tuo cibo, e che il cibo sia la tua medicina…”
Così, quindici anni dopo le prime esperienze scientifiche francesi, nel 1845, la rivista medico-scientifica francese “Gazette Medicale de Paris”, (1845, No. 13, pp.: 577-582) e, successivamente, anche quella tedesca “Journal Chirurgie und Augenheilkunde” (1846, No. 35, pp.: 7-28), descrissero il primo caso di terapia metabolica con vitamina B17 per la “cura del cancro”, ad opera del medico russo Inosmetzeff, professore presso l’Università Imperiale di Tutte le Russie di Mosca: la terapia era stata eseguita su un ventenne tumorale, e la terapia era consistita in 46 grammi di Amigdalina somministrata per 3 mesi; il grande medico russo aveva curato anche una donna di 48 anni, con estese metastasi da cancro ovarico, e questa donna, nel 1845, risultava essere ancora viva dopo ben 11 anni dalla terapia metabolica con Amigdalina: in entrambi i casi, il dott. Inosmetzeff affermò di non aver notato mai effetti collaterali da parte della vitamina scoperta dai francesi nel 1830 e meglio caratterizzata dai tedeschi nel 1837.
Ma fu soltanto più di un secolo dopo, nel 1950, che uno scrupoloso ricercatore americano, Ernest Krebs, iniziò a curare di nuovo il cancro con questa strana vitamina, che, dopo averla fatta bollire, evaporare in alcool, e quindi decantare in piccoli cristalli bianchi, ribattezzò “Laetrile”.
Tratto da Mille piante per guarire il cancro di Giuseppe Nacci.
Fonte:salutenatura.org