MOMMOTI E ALTRI SPAURACCHI SARDI

25.07.2012 21:43

Palpaèccia, Maria pettenèdda, Mommòti e altri spauracchi.

Un tempo, ma forse anche ora, i processi educativi prevedevano l'uso di una serie di spauracchi atti a inculcare nel bambino la paura del pericolo o di quanto altro potesse nuocergli.

I bambini non imparavano a stare lontano dai pozzi, a non restare troppo a lungo al sole, a non andare con sconosciuti, a mangiare di tutto o a non mangiare troppo, ad andare a letto a tempo debito, grazie a spiegazioni razionali, ma attraverso i racconti più o meno paurosi che venivano a loro fatti.

Trasgredire significava correre il rischio di diventare preda di uno dei mostri che popolavano le case, le acque, le campagne.

Erano mostri dai contorni spesso non ben definiti e dai nomi minacciosi e strani; relitti di una antica mitologia.


I bambini che facevano i capricci a tavola avevano paura che la notte arrivasse la "palpaèccia"; quelli troppo golosi temevano "Maria Puntaòru" che, armata di spiedo, avrebbe aperto loro la pancia; chi non dormiva appena spenta la luce, si sentiva dire: Aspetta, aspetta, che adesso viene "tziu masedu"e ti rende mansueto.


Il più comune spauracchio per i bambini in tutto il Campidano era "Mommòti" una specie di diavolo nero che, come Marragòti Mummuiòne, Bobbòi, Bobbòtti e l'uomo del sacco, girava avvolto in un ampio mantello e con un gran sacco in cui infilava i bambini disobbedienti e fastidiosi.


Gli spauracchi feminili quasi sempre sono designati con un nome proprio o comune (mamma, Maria) e un attributo o complemento di specificazione; probabilmente si tratta di residui molto arcaici di divinità della terra e delle acque.


Tra le "mamme" ricorderemmo "sa mamma 'e su bentu, sa mamma 'e su sole e sa mamma 'e funtana.

La prima era invocata nelle giornate ventose per impedire ai bambini di uscire di casa; la "mamma del sole" era descritta come una vecchia coperta da un lenzuolo bianco e che, nelle ore più assolate, andava in cerca dei bambini rimasti fuori casa.

La "mamma della fontana" era una delle tante abitatrici delle acque e dei pozzi che tendevano agguati ai bambini.Era una continua minaccia: "Non sporgerti, perchè sa mamma 'e funtana, stà in fondo al pozzo e se riesce a prenderti ti mangia!

Non avvicinarti all'acqua, perchè ti possono afferrrare Maria Putzu, Maria Farranca, Maria Branca delle braccia lunghe e dalle unghie affilate!"


E, in questo mondo di vecchie cattive, di uomini mostruosi, c'erano anche Maria Lentòlu e Maria fressàda pronte a mettere sotto il lenzuolo o la coperta i poveri bambini, e Maria Pettenèdda, sporca, sdentata e scarmigliata come le streghe di certe fiabe.

Da fiabe e leggende della Sardegna di Enrica Delitala