Paolo Mantovani, il presidente che girava in vespa con i tifosi

27.10.2012 13:26

 

Il racconto di Roberto Martinelli, tifoso blucerchiato che ha proposto di intitolare una via di Roma all’ex presidente della Sampdoria. Mercoledì 26 la cerimonia

Per i tifosi sampdoriani è semplicemente "Paolo" e dal 26 settembre anche una via di Roma porterà il suo nome. Largo Paolo Mantovani nel quartiere Ardeatino sarà il tributo ad un personaggio unico nella storia dello sport italiano, non solo patron di una squadra di calcio ma uomo capace di comunicare valori di fair play con decenni d'anticipo rispetto all'affanno con cui il calcio moderno prova ad emularlo. Roberto Martinelli, tifoso che aveva portato avanti anche la pratica per la nascita di via Paolo Mantovani a Genova, ha replicato. Anche la capitale avrà così una strada intitolata ad uno dei presidenti più amati di sempre e nato proprio a Roma. Mantovani era arrivato nella Sampdoria come addetto stampa nel 1973 per poi acquistarla dopo tre anni. In poco tempo il club blucerchiato passò dalla serie B ai vertici del calcio europeo vincendo tre coppe Italia, una coppa delle Coppe, uno scudetto e una supercoppa italiana. Il suo rapporto unico con i tifosi e con lo sport lo ha reso uno dei più grandi presidenti della storia del calcio italiano e non solo. Grazie a lui intere generazioni di tifosi sono cresciute con valori sempre più difficili da proporre ai giorni nostri. Ecco l’intervista a Roberto Martinelli che nel 2004 ha inoltrato la richiesta alla commissione toponomastica di Roma.

 

Come è nata l’idea di una strada a Mantovani nella capitale?

Io ho sempre fatto il pendolare da Genova a Roma e nel 2004 mi sono chiesto “perché non ricordarlo adeguatamente anche nella città in cui è nato?”. Ho scritto al sindaco Veltroni, ricordando come Paolo Mantovani abbia fatto conoscere la Sampdoria nel mondo e come fosse anche un imprenditore di livello. La richiesta è stata inoltrata nel luglio 2004 e dopo tre mesi è stata approvata all’unanimità. Poi è stata individuata anche l’area, dell’Ardeatino, una zona importante dove c’è anche la via dedicata a Fausto Coppi. Siamo riusciti ad individuare una data per una cerimonia ufficiale del 26 settembre, giorno in cui si gioca anche Roma – Sampdoria. Sarà un’occasione per celebrarlo tutti insieme, anche con tifosi e giocatori.

 

Che cosa ha rappresentato Paolo Mantovani per il calcio italiano?

Paolo appartiene a quel periodo del calcio che si tende a dimenticare, che ormai non c’è più. Appartiene ad una generazione come la mia che viveva il calcio alle tre di domenica senza anticipi e posticipi. Valorizzando lo sport, i valori e l’amicizia. A prescindere dalle vittorie sul campo avrebbe fatto comunque la storia. Non vanno dimenticate le tante iniziative che portano la sua firma, come ad esempio il trofeo Ravano, un appuntamento storico che da sempre avvicina i giovani ai veri valori del calcio e dello sport.

 

Quali sono i più bei ricordi legati al presidente?

Ricordo l’occasione di una presentazione della Sampdoria a Bogliasco con le strade piene di gente, non si riusciva a passare. Lui era in mezzo a noi, per arrivare allo stadio chiese un passaggio ad un ragazzo e montò con lui in vespa facendosi accompagnare fino al campo. Mantovani era parte del popolo, ha creduto nei sampdoriani fin dal primo momento, si è fatto amare dalla gente diventando una cosa sola con i tifosi.

 

Cosa manca di più al calcio moderno dello stile Mantovani?

Lui sosteneva di firmare i contratti con una stretta di mano, senza procuratori e troppo sfarzo. C’erano rapporti tra uomini veri, che andavano oltre i soldi. Adesso è tutto in funzione al denaro, si è perso quello spirito magico che c’era all’epoca. Manca una competitività sana, che può solo arrivare da persone di cuore.

 

Hai parlato con i figli di Mantovani, come hanno reagito alla notizia?

Ho parlato con Francesca, Enrico e Ludovica. Sono stati molto contenti della mia iniziativa. Fare intitolare una strada proprio a Roma è un gesto ancor più significativo, un valore aggiunto perché legato alla sua città natale. A Roma non poteva mancare un riconoscimento del genere.