PAROLE CHE CURANO
La terapia verbale messa a punto dalla dottoressa Gabriella Mereu può curare velocemente e senza farmaci alcune patologie e stati di disagio che la medicina allopatica non ha saputo trattare con successo
Per guarire da qualsiasi patologia non servono i farmaci. Basta parlare, sentire, sorridere. Questo è, in sintesi, il principio della rivoluzionaria “terapia verbale” creata e sperimentata con successo dalla Dottoressa Gabriella Mereu. Nata a Cagliari e laureata in Medicina e Chirurgia, la dottoressa Mereu si diploma poi in Medicina Olistica, Medicina Omeopatica e Grafologia.
La Redazione di Scienza e Conoscenza l’ha intervistata per capire meglio in cosa consiste la sua terapia.
Cos’è la malattia secondo la Dott.ssa Mereu?
La malattia è un’espressione dell’anima, un modo di rivelare in maniera metaforica un vissuto emozionale distorto che ha portato alla malattia stessa. Nello specifico, in molti casi, le storture sono date da schemi di derivazione religiosa e legati alla personalità. Per maniera metaforica intendo invece che la malattia si esprime attraverso gesti, parole e comportamenti del paziente che possono essere codificati e mi portano a individuare il personaggio distorto interpretato dallo stesso paziente. È il principio dell’omeopatia: i vari rimedi omeopatici altro non sono che le stesse cause di quella malattia somministrate in dosi specifiche per scatenare una reazione di difesa positiva nel paziente. Per questo la mia terapia consiste nell’imitare il paziente in modo da rendere ridicolo il suo personaggio distorto. Così, i sintomi spariscono.
Cos’è invece la guarigione?
Guarire, essere sani, significa esaltare il volere dell’anima. E io l’anima la identifico con l’eros, un argomento spinoso poiché le religioni hanno contribuito a separalo dall’anima. Per me l’eros assume un ampio significato; è tutto ciò che è bello per noi e che non può che farci bene e garantire così la miglior prevenzione contro le patologie. La nostra anima è troppo castrata, non riuscendo più ad esprimersi secondo quello che vorrebbe l’eros, non è più in grado di provare il piacere dell’amore, dell’essere nudi. Ha perduto la capacità di giocare e ridere. Di raccontare la verità. Insomma, non ha più libertà.
Questo vale sia per gli uomini che per le donne. I primi sono stati costretti per secoli e secoli ad essere guerrieri ed il loro eros è diventata la guerra. Per essere maschio l’uomo deve essere per forza guerriero, dunque violento e cattivo. E, se non è violento e cattivo, non è un maschio. La donna, invece, è stata sempre disprezzata e lasciata sola. Gli uomini non sono dunque più in grado di recuperare una relazione con le donne, unica via possibile per recuperare un'identità. Così, si trovano spiazzati. E continuano da ottusi a recitare il personaggio del guerriero
La guarigione è una catarsi, una chiarore improvviso su quanto è stato lasciato al buio sino a poco prima e questa catarsi, io, la vedo quando spiego al paziente quale maschera indossa e lui si illumina, spesso si fa una risata e i sintomi possono svanire anche nell’immediato.
Vi faccio un esempio. Poco tempo fa sono stata contattata da una signora la quale mi ha ringraziato dicendomi che avevo guarito suo figlio. Al giovane, che soffriva di un dolore cronico al testicolo destro, dopo mesi di indagini, anche invasive, non era stata data nessuna risposta. E il dolore aumentava. Ho parlato al telefono con il ragazzo e, senza mezzi termini gli ho detto: “Sai perchè ti fa male il testicolo di destra? Perchè ti senti un “coglione” di destra!”. Avevo capito fin da subito che quello era il suo personaggio, la maschera che indossava. Anche perché avevo già curato un “coglione” di sinistra anni fa. Vedete, sono andata dritta al punto, spiegando al giovane quale era il personaggio che gli altri gli avevano messo in testa che lui fosse, personaggio che lui stava “interpretando” e gli causava il dolore al testicolo. Il ragazzo lo ha capito e gli è passato tutto.
La maggior parte di quelle che riscontra sono patologie legate alla sessualità e agli organi sessuali o a tutti gli organi del corpo?
A tutti gli organi. Con la terapia verbale ho curato psoriasi, amenorree, asma, gonfiori, emorragie e tanto altro, spesso facilitando il processo di guarigione con l’aiuto dei fiori di Bach e i bagni derivativi. La terapia verbale rappresenta la base sulla quale costruisco il resto della cura, perché la mia, come tutte le medicine olistiche, è una medicina integrata che considera l’essere umano come unità di corpo, mente e spirito, un “terreno” dentro al quale la malattia si sviluppa, si alimenta e cresce fino a provocare disagi più o meno gravi.
Quindi è il “terreno” a dover essere curato, e io a questo “terreno”, ci parlo; basta una frase centrata ed esplicativa e, se il paziente si mette a ridere, allora è meglio perché ha capito qual’è il problema ed è in grado di liberarsene.
Quindi è una psicoterapia fatta con le parole e “lampo” perché non ha bisogno di sedute ripetute. Poi il paziente fa da sé?
Come ho già detto io individuo il personaggio, la maschera che il paziente sta indossando contro il suo volere. Spiego in maniera concisa questo meccanismo e più concisa sono meglio è, perché bisogna colpire il paziente. Il risultato migliore lo ottengo dicendogli, anche in modo ironico, una verità fondamentale per lui. Solo in questo modo il paziente potrà liberarsi della maschera, smettere di recitare e guarire.
Non utilizza nessuna terapia medicinale di supporto?
No. Io voglio insegnare alla gente che possono autoguarirsi, solamente cambiando la prospettiva con la quale guardano o percepiscono la malattia. E questo vale anche per malanni originati da traumi psicologici. I sintomi di molte patologie altro non sono che la modalità di espressione di un trauma passato. Per questo faccio uso dei fiori di Bach. Con questi tolgo le emozioni negative che hanno fatto nascere e sviluppare la malattia e che, con il tempo, possono essersi instaurate cronicamente, legandosi alla manifestazione di un certo personaggio. Così, se curo le emozioni negative alla base del personaggio curo indirettamente il personaggio stesso dalle sue storture e guarisco il paziente.
E nel caso di malattie causate da virus e batteri, come spiega l'indebolimento del sistema immunitario?
So che Pasteur, prima di morire, si sia pentito di aver espresso la sua teoria delle malattie legate a virus a batteri ed io posso credergli. Nelle forme infettive, per mia esperienza, basta risanare il “terreno” e il batterio non ha più ragione di essere. Il batterio è uno dei risultati distorti del nostro “terreno” quando lo lasciamo ammalare.
E in caso di epidemie? Accadono perché un’intera comunità ha un terreno di base simile?
Esatto, quindi bisogna cercare di purificare il più possibile il terreno per rendere meno gravi le patologie.
Mi viene da pensare alle comunità infantili, come asili e scuole. Ci sono bambini che hanno un percorso della malattia infettiva veloce e altri più lungo e pesante...
Certo, dipende dal “terreno” del bambino. Poi dalla sua forza e dalle sue debolezze, da come di alimenta e come funzionano i suoi tessuti escretori, tutti aspetti alla base patologie infettive.
Per questo a supporto della sua terapia verbale a volte consiglia i bagni derivativi?
Esatto, perchè aiutano il drenaggio, come anche il digiuno. Quando non esistevano gli antibiotici Ippocrate, il padre della medicina, diceva: “Ubi pus ubi vacua”, cioè “Dove c’è il pus si incide per farlo evacuare”. Questo è il principio. Dove c’è un'infiammazione si cerca di aiutare l’infiammazione nella sua espressione di drenaggio, in modo che vada via.
Un drenaggio fisico ma anche emotivo?
In certe patologie dico al paziente di sfogarsi con urla. Ricordo un ragazzo, malato di melanoma. Gli chiesi se avesse un segreto lui mi rispose di essere omosessuale ma di non averlo detto al padre. Gli ho consigliato di dirglielo. Lui lo ha fatto e pare sia stato meglio. Non si può parlare di guarigione, nei tumori, ma è stato meglio.
Qual è stato il percorso che l’ha portata a questa visione così approfondita della malattia e della guarigione?
Mi ricordo che, all’ultimo anno di studi universitari, mi infilavo spesso di nascosto nelle corsie degli ospedali per vedere i pazienti finché, ad una signora malata di tumore al seno, chiesi quale terapia avesse fatto. Lei mi rispose la chemioterapia, allora io trovai il coraggio per chiederle quello che veramente volevo sapere. “Ma senta” iniziai, “prima del tumore ha avuto qualche dispiacere?”: è così che ho incominciato.
E da dove è partita questa sua innata curiosità verso il lato più emotivo della malattia?
Dal fatto di vedere molti pazienti che non venivano curati e morivano. Non capivo più il senso del mio essermi laureata in medicina. Dovevo assolutamente capire come poter guarire i pazienti, altrimenti mi sarei trovata in un mondo di gente sempre malata. E questo a causa dell’indifferenza della medicina ufficiale. Come se fosse normale scoprire che, dopo esserti laureto in medicina con l’intento di dare un aiuto concreto alla guarigione delle malattie, ci si rendesse conto che i pazienti non possono guarire mai. Rimane una battaglia pericolosa, guarire i pazienti, perché o li curi con il metodo classico (e inevitabilmente sai che le percentuali di successo saranno scarse) o adotti altri metodi. In questo caso, ti attiri l’odio e le antipatie di tutta la classe medica.
Sicuramente il suo metodo è ancora più difficile da far accettare alla classe medica rispetto ad altri...
Io credo che un collega, arrivato alla mia età, se non è proprio ottuso lo vede dalla sua esperienza che la gente molte volte non viene curata.
Esistono anche terapie psichiatriche brevi, legate alla scuola di Jodorosky (anche se non è uno psichiatra), Bertoli e Hamer. Il tuo percorso formativo ha avuto contatti con questi 3 personaggi?
Con gli allievi di Hamer sì. Dal mio punto di vista Hamer ha apportato un cambiamento nella comprensione dei processi di “salute” e “malattia”, permettendo all’uomo di avere la forza necessaria per riuscire a riprendere in mano la propria salute. Purtroppo, all’atto pratico, non ho ben capito quali terapie specifiche propone per la risoluzione della malattia. Con gli allievi di Jodorosky mi trovo in accordo. La terapia di Jodorosky è forte e agisce subito. La persona si ammala e ha dei problemi perché è come se vivesse in un film nel quale interpreta un personaggio che non gli calza. Basta sostituire il film con un altro e il paziente guarisce. Ecco, in breve, la filosofia di Jodorosky.
Perché ha deciso di aprire una scuola per insegnare il suo metodo?
Ho aperto una scuola dove insegno cosa è il famoso “terreno” dove si sviluppano le patologie e come curarle in maniera semplice e divertente. È organizzata in seminari tenuti il sabato sera e la domenica mattina. Durante gli incontri dedico delle ore anche all’apprendimento della grafologia, che si rivela molto utile per individuare il personaggio che il paziente interpreta. Se alcuni aspetti, deviazioni e caratteristiche della personalità di un paziente mi sfuggono con il dialogo, infatti, con l’analisi della sua grafia capisco come intervenire e, nel caso, quale fiore di Bach consigliargli. La grafia non è che un’altra metafora in base alla quale il personaggio viene messo in scena.
In genere, i pazienti arrivano da me con gli esiti di infiniti esami. E, se li vedo, è perchè io sono l'ultima spiaggia, hanno già tentato di tutto senza guarire e ne sono stati scoraggiati. Io faccio parlare la persona, guardo come si atteggia e cerco di capire quale personaggio sta interpretando. Quando lo individuo, per distruggerlo, lo prendo in giro. Se non riesco a capire di che personaggio si tratta, ricorro all’analisi della grafia.