SAMUELE STOCHINO, LUI ERA IL RE!

28.07.2012 13:59

 

BANDITI DI SARDEGNA: atros contos beros

LUI ERA IL RE! Chnella cucina rosata, quando la nonna raccontava lsustorie, non si sentiva una mosca volare.

 

Chanch“i grandi” spalancavano lorecchispingevano la sedia verso il focolare. Che la zia buttava altrfraschsul fuoco e llingurossastrsi incendiavano comzolfo fuso a contatto con l’aria.
Chlo zio si “svegliava” di botto e i suoi occhi azzurri, bellissimi, prendevano a brillare. Strano. Chlui, lo zio, lstoridella nonna laveva semprammiratma quando si trattava di Samuelera tutto un altro paio di maniche: lui, infatti, lo aveva incontrato di persona, milioni di anni fa.
Chquella sera d’inverno del 1923, nell’ovilperduto tra lvallatdel Gennargentu, era una sera comlaltre: pioveva e soffiava il vento. Chquando i cani avevano preso ad abbaiarnon si era visto nessuno anchspoi Stochino e Piricu Marongiu, moschetto spianato, si erano materializzati davanti. Cha Samuelgli avevano appena rubato i maiali e voleva saperchi era stato.

Che, disse, gli avrebbmessi tutti quanti a sa “giura e non voleva sentirragioni. Chdalla sua bisaccia tirò fuori un libro avvolto in un panno bianco e preteschciascuno dei pastori presenti vi mettesse la mano destra sopra e giurasschnon gli aveva rubato i maiali e chnon avess“consigliato” ad un altro di farlo.
Chil primo pastorassicurò: “Deo giuro ca non apo furau nconsigiau e Samuelmossoltre. Chil secondo pastorripetè: “Deo giuro ca non apo furau nconsigiau” e Samuelmossoltre. Chquando Samuelsi fermò davanti a lui e lo vidbambino lo risparmiò.
Chquando sa cerimonia dsa giura terminò SamuelPiricu si allontanarono nel buio della nottper non tornarmai più.

Che, dicevano, Samuelaveva un senso dell’onortutto suo e rispettava gli onesti. Chquando lo zio terminava di raccontare la sua storia un silenzio pesantcadeva nella cucina rosata e pareva quasi di udiri fiocchi di nevbianca posarsi sul mantello immacolato che, fuori dalla porta, era già diventata la strada.
Chnon era raro chsubito dopo io uscissi in cortilguardassi verso su Montsa Furca e mi domandassi quanti banditi vi stessero bandiando proprio in quel momento. Chmio malgrado io Samuello ammiravo: ammiravo il suo coraggio quando aveva difeso la sua donna dai soprusi del reuccio locale, quando aveva risolto chera meglio latitare, quando aveva sepolto l’amata morta in un qualchpicco inaccessibilo canyon impenetrabildestinato a restartomba nascosta. Per sempre.

ChSamuelera un mito legato a doppio spago con l’essenza stessa della nostra sardità e quei nodi non si potevano sciogliera piacimento. Chgià quando si parlava di Mesina l’atmosfera cambiava. Chc’erano gli elicotteri dei carabinieri e dei cacciatori-di-Sardegna chci ronzavano continuamentin testa con lmillstoridei facoltosi continentali rapiti all’affetto dellloro famiglie. Chquellstorinon ci piacevano proprio e non ci rappresentavano. Chlragioni della latitanza di Samuelerano stataltre, o almeno così ci piaceva di credere. Perché anchnoi avevamo bisogno di miti e lmontagndi Sardegna non nconoscevano altrchnon fossero quelldei suoi figli più ribelli.
Chnellregioni interndi quell’isola bellissima rregine, preti e prelati, quando non avevano deciso chsarebbstato più prudentfarmarcia indietro, c’erano venuti solo per rubare. Depredare. Portarvidecime, balzelli, tasse, imposte, tributi, pedaggi e trattenutvarie. Chnel tempo hanno tentato financhdi cancellaril ricordo di quell’altra Sardegna selvaggia e irriverentper renderlo presentabilhanno creato lproloco e gli uffici del turismo, tutti insiemappassionatamentalla ricerca della nostra sardità perduta. Che la sardità non è un’opzione-trendy: vivcon tmentrcammini per strada e ti gusti, o sopporti, a seconda dellcircostanze, la vita. Chguardandoti indietro ti rendi conto chin fondo non ti è mai servito altro e, nei casi migliori, è destinata a morircon te.

di Rina Brundu - Tutti i diritti riservati